Intervento di Raffaele Bucciarelli, Presidente del Gruppo consiliare regionale Federazione della Sinistra (PdCI-PRC), in occasione della seduta dell’Assemblea legislativa delle Marche del 15 marzo 2011 sul 150esimo dell'Unità d'Italia.
Ritengo che l’Ufficio di Presidenza abbia fatto un’ottima scelta nel celebrare questa giornata.
Saluto il prof. Piccinini, la delegazione dell’Associazione degli ex Consiglieri regionali, la nostra memoria storica, e le Autorità presenti.
Certo, parlare di 150 anni di storia di una nazione è parlare di un tempo breve, 150 anni sono veramente pochi per una nazione, per un popolo che decide di auto organizzarsi in un determinato territorio.
I passaggi li conosciamo quasi tutti, ce li ha ricordati anche il prof. Piccinini. Abbiamo dovuto aspettare la fine della prima guerra mondiale per completare quello che era il disegno di una borghesia illuminata. Ma io credo che l’esaltazione, nel senso pieno del termine di nazione: dei diritti e dei doveri di un popolo che vive su un determinato territorio, che alcuni chiamano la terra dei Padri, la Patria – heimat, vaterland, nelle lingue che conoscono da prima di noi l'organizzazione dello Stato –, per la prima volta l’abbiano avuta durante la guerra di Resistenza, durante la guerra partigiana, dove tutti, credenti e non credenti, si sono uniti per combattere e ridare dignità ad un popolo e ad una nazione.
Però dagli interventi che ho ascoltato questa mattina – spero di non peccare di presunzione, anzi, lo dico molto umilmente – mi sembra che manchi il soggetto principale dell’Unità d’Italia, ossia sfugga la presenza degli uomini e delle donne che l'hanno costruita da un lato l’hanno subìta dall'altro. Non è certo stata una passeggiata, né un’acquisizione di diritti per tutti e per sempre. Si può citare come esempio ciò che accadde a coloro che per primi si ribellarono gli abitanti dello Stato Borbonico, a quella che ritenevano essere un’invasione dei piemontesi. Furono chiamati briganti e come tali anche oggi vengono ricordati. Eppure si ribellarono all'invasione di un esercito che occupava il loro Stato dove, per citare un altro esempio, erano abituati a pagare solo minime tasse, mentre i piemontesi ne hanno portate a dismisura. Lo fecero perché sapevano che avrebbero perso quella centralità nell’Europa di allora, ove Napoli, era la seconda città industrializzata. Erano regioni dove c’era immigrazione, non emigrazione. Però coloro che si ribellarono, ripeto, vennero chiamati briganti e perseguitati!.